Gli orrori del Big Porn – Perché gli apologeti della pornografia hanno torto

Traduzione dall’inglese di Chiara C. e Giulia C.

versione originale: Julie Bindel 01/10/2019 https://spectator.us/horror-big-porn/

Una volta c’era la lobby delle grandi multinazionali del tabacco. Ora abbiamo quella della pornografia. Ai nostri giorni l’industria pornografica possiede un grande potere dolce culturale — proprio come le grandi del tabacco nel passato. Chi si ricorda del film Larry Flynt – Oltre lo scandalo, in cui il multimiliardario a capo dell’impero mediatico che gira attorno alla rivista Hustler viene dipinto come un eroe che si batte per la libertà d’espressione? È un topos che vediamo ripetersi ancora e ancora nei film di Hollywood. Nella maggioranza dei casi, per l’intrattenimento mainstream sono solo i bigotti e i guastafeste a non amare il porno.

Un tempo attraverso la loro propaganda i grandi del tabacco spacciavano le sigarette come un prodotto glamour. Hanno convinto tante persone che il fumo potesse curare il raffreddore o la gola infiammata. Oggi, siamo spinti a credere che le pornostar siano cool, che recitare nei film porno sia empowering, e che masturbarsi guardando questi film sia un modo perfettamente salutare di esprimere se stessi. Ma è davvero così? Sostenere questa industria gigantesca è davvero qualcosa di progressista o “pro-sesso”? E combatterla vuole davvero dire essere sessuofobi, “anti-sesso”? L’idea dominante tra gli apologeti di quest’industria è che i pornografi non sarebbero dei capitalisti approfittatori, ma dei liberatori della sessualità che si impegnano a spezzarne le catene religiose e politiche.

Sono bugie. Ecco alcune verità: come il tabacco, la pornografia causa dipendenza. Rovina delle vite. Non causa cancro o disturbi cardiaci, ma sfrutta le persone e danneggia le relazioni molto più di quanto faccia il tabacco. Queste verità vengono messe a tacere perché alcuni gruppi di persone guadagnano enormi somme di denaro grazie a questa industria nociva. L’idea che la pornografia sia empowering è diffusa, ma romanticizza una realtà molto diversa. Prendiamo Chloe, per esempio. Ho incontrato Chloe nel 2017, durante le mie ricerche per il mio libro sull’industria del sesso. Allora aveva 22 anni, faceva spogliarelli in un “club privato” e sognava di diventare una “star” del porno. Recentemente ho contattato di nuovo Chloe. Aveva lavorato sul set di tre film porno. “Il primo non è stato tanto brutto,” mi ha detto. “Certo non sono stata io a decidere di fare quella gang bang con tre uomini. È stato umiliante e spiacevole, ma pagavano bene e mi ero convinta che ne valesse la pena.”

“Il secondo e il terzo film sono stati terribili.” ha aggiunto. “Li hanno girati subito uno dietro l’altro, e il sesso è stato molto doloroso per me. Mi hanno soffocata e ho dovuto fare sesso orale e anale contemporaneamente. Mi avevano detto che mi avrebbero pagato 6000$, ma si sono presi un sacco di soldi per l’assicurazione, per il test per l’HIV, persino per i vestiti che ho dovuto indossare. È stato orribile.” Per otto giorni di lavoro, ha guadagnato 2000$.

L’industria del porno produce moltissimi soldi. Si calcola che gli incassi annuali dell’industria pornografica globale siano pari a 90 bilioni di dollari (per inserire questa cifra nel suo contesto, basta metterla a confronto con i 10 bilioni di dollari incassati da Hollywood ogni anno). Solo uno dei maggiori siti porno del 2016 è stato visitato 23 bilioni di volte — in quel sito vengono visti ogni anno più di 5,200 secoli di porno.

Gli attori porno più famosi diventano ricchi, così come i produttori e i proprietari dei siti web. Ma la stragrande maggioranza di chi lavora in quest’industria no. Le donne (dato che la maggioranza delle performer sono donne) non ricevono nessuna percentuale sui guadagni. L’aspra competizione per i click spinge il costo del loro lavoro sempre più in basso, e le costringe a svolgere atti sempre più estremi e fisicamente pericolosi per un’audience sempre più esigente. Un uomo che lavora a stretto contatto con quest’industria mi ha detto: “Alle donne non piace. Devono prendere un sacco di antidolorifici. È ovvio che lo fanno solo per i soldi.”

Gail Dines, sociologa ed esperta del business della pornografia, afferma che gran parte dei contenuti dei siti porno gratuiti siano solo dei teaser che servono a catturare l’attenzione degli utenti per “monetizzare” questi video gratuiti tramite le pubblicità e spostando il consumatore verso altri siti a pagamento. Invece di distruggere l’industria del porno, il porno gratuito allarga la base dei consumatori del porno a pagamento. “Il porno gratuito è paragonabile all’industria del tabacco che offre gratuitamente delle sigarette ai giovani, favorendone lo sviluppo della dipendenza da tabacco e senza rischiare di subire accuse penali,” continua Dines.

Il porno è una forma di schiavitù. È anche più razzista di quanto la maggioranza delle persone pensino. Una delle serie di video porno più vendute è intitolata “Oh No! C’è un Negro in Mia [Figlia/Moglie/Sorella]”. “Quale sitcom potrebbe chiamarsi “Oh No! C’è un Negro nel mio Quartiere?”’ chiede Dines. “Al porno è concesso di dare spazio ad un grado di razzismo che non sarebbe tollerato in nessun altro genere mediatico.”

Io stessa ho avuto modo di vedere con i miei occhi il razzismo di questa industria quando ho partecipato alla premiazione annuale XBIZ Awards che si è tenuta a Los Angeles nel 2015. Mentre gli attori porno facevano la loro passerella sul red carpet— era stato loro ordinato di mostrare quanto più possibile del loro corpo per i fotografi— ho parlato con un paio di produttori. Mi hanno raccontato che avevano prodotto un porno “gang bang nero con bianca”, spiegando come il genere fosse estremamente popolare. Gli ho chiesto se, dato che loro stessi erano afroamericani, non ritenessero che questo genere desse adito allo stereotipo razzista per cui gli uomini di colore sono stupratori di donne bianche. Hanno riso. “Vende,” mi ha detto uno di loro. “Finché c’è qualcuno che lo compra, noi continuiamo a farlo.”

Quello che mi ha colpita di più degli XBIZ Awards non è stata la mancanza di vergogna da parte di chi commercia e trae profitto dall’industria del porno. È stato il loro orgoglio. I pornografi fanno soldi attraverso l’abuso, ma si sono impossessati del linguaggio della libertà e della giustizia sociale. Un produttore si è vantato con me della natura progressista e innovativa del suo porno gay interraziale. Molti porno che fanno parte di questo genere mostrano giovani ragazzi asiatici mentre vengono dominati da uomini bianchi. Mi ha spiegato che nei suoi video qualche volta sono i ragazzi asiatici — le “troie”, per usare la terminologia del settore — a svolgere il ruolo dominante. Sembrava non rendersi conto di come le sue parole suonassero incredibilmente ironiche.

Il cosiddetto “porno etico” è approdato sui nostri schermi un paio di decenni fa. Ho sentito usare termini ridicoli come ‘art-core’ o “vero sesso” per descrivere quello che non è altro che il porno a basso costo di produzioni indipendenti dalla dubbia etichetta “commercio equo”. Come i papponi e i proprietari di bordelli che parlano di “giusta paga”, dei diritti delle lavoratrici e di migliori condizioni di lavoro, i pornografi etici affermano di fare le cose in maniera diversa dai pezzi grossi dell’industria.

Ho chiesto ai cosiddetti pornografi “etici” cos’è che fanno di così diverso dagli altri. I loro attori, mi hanno detto, sono sottoposti a test per scongiurare la diffusione di malattie veneree, oltre che a dei controlli ufficiali che confermino le loro età anagrafiche. Gli concedono di scegliere che tipo di sesso fare, e gli chiedono se sono “contenti di come stanno andando le cose durante le riprese”. Ho sentito la stessa cosa uscire dalla bocca dei pornografi mainstream migliaia di volte, tutti loro insistono che l’età degli attori è certificata e che nessuno li obbliga a fare quello che non vogliono fare. Non credo neanche a loro.

Gli autori del “porno etico” ritengono che qualsiasi tipo di fantasia violenta sia una parte integrante della tua identità sessuale, e che tu abbia diritto di esplorarla. Nell’industria, l’unica differenza tra il porno “etico” e quello hardcore e mainstream sta nel fatto che queste ultime sono a pagamento. La versione “etica” è il volto ripulito e accettabile dell’industria, ma in realtà funge da maschera e da “prodotto civetta” per un commercio basato sullo sfruttamento. In poco tempo verrà completamente incorporato nel filone mainstream, contribuendo a indirizzare più consumatori verso rappresentazioni brutali di violenza e sottomissione sessuale.

Molte persone traggono dei profitti dalla loro difesa del porno. Jerry Barnett è l’autore di Porn Panic!: Sex and Censorship in the UK. Si descrive come un “attivista contro la censura”. È anche un ex dirigente di anywhere.xxx, noto come il “red-light district di internet”, quindi sa di cosa sta parlando.

Gli ho chiesto di parlarmi del cosiddetto porno “femminista”. Per Barnett, è un “trend interessante nel marketing della pornografia. Guardare porno di produzioni che si definiscono femministe e/o etiche è un modo per prendere le distanze da (quelle che per loro sono) le parti più disgustose dell’industria”.

La maggioranza della pornografia non prova nemmeno ad essere etica o femminista. È rivoltante, e chiunque non abbia una mente del tutto contorta lo sa. Le ricerche mostrano che la maggioranza degli uomini ha avuto modo di guardare della pornografia, eppure c’è un risentimento maschile crescente da parte loro. Robert Jensen, accademico e autore di Getting Off: Pornography and the End of Masculinity, ritiene che, a prescindere da come una singola donna si senta guardando o producendo pornografia, l’industria non sia comunque interessata all’empowering femminile. “Il predominio maschile è la vera essenza della pornografia, ed è inasprito dall’incessante ricerca di profitto della società capitalista. I produttori devono ’innovarsi’ se vogliono preservare i loro profitti, e per farlo devono offrire contenuti sempre più estremi”.

È difficile dire cosa sia possibile fare in termini di politiche governative per contrastare l’industria del porno senza intaccare la libertà d’espressione e di parola. Ma forse potremmo abbandonare ogni pretesa che questa industria sia solo un ramo come un altro nel settore dell’intrattenimento, qualcosa di cui tutti abbiamo il diritto di usufruire, se vogliamo. Tom Farr, fiduciario per il Centre to End All Sexual Exploitation, è uno dei rari uomini che si battono contro la normalizzazione del porno. “L’industria mercifica letteralmente la nostra sessualità, la trasforma in qualcosa che può esserci venduto,” dice Farr, “e che poi contribuisce a formare i nostri atteggiamenti nei confronti delle donne nel mondo reale.”

“Il porno, come tutte le maggiori industrie mondiali, interagisce con banche, carte di credito, media mainstream e varie piattaforme social,” dice l’esperta del business della pornografia Gail Dines. “Ognuna di queste aziende ha un interesse economico nella continuazione e crescita dell’industria pornografica.” Sono soltanto povere ragazze come Chloe ad essere completamente distrutte.

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